Gloria e Denis sono una coppia di genitori che mi contattano per la figlia, Agnese di 5 anni e mezzo. “Dottoressa, nostra figlia ha paura della morte, di rimanere sola, si spaventa facilmente e ci segue ovunque”. Mi descrivono una bambina allegra e solare che, però, negli ultimi mesi presenta questi tratti ansiosi che spaventano molto i genitori, i quali si colpevolizzano per averle fatto uno scherzo (stavano giocando assieme e si sono nascosti per un momento) ritenuto la causa del suo successivo malessere. Indago assieme ai genitori la storia di loro come famiglia e mi faccio raccontare qualcosa delle loro famiglie di origine. Emerge che la madre ha perso suo padre quando era molto piccola, aveva 7 anni, si ricorda poco di quello che è successo in famiglia, la sua memoria ha dei buchi evidenti. Nonostante Gloria abbia perso il padre molto piccola, appena lo nomina i suoi occhi diventano lucidi e inizia a piangere, come se il padre fosse appena morto, come se la ferita e il dolore fossero davvero recenti. La cosa mi sorprende e chiedo a Gloria il motivo di questa reazione. Gloria è la sorella minore di due, ed essendo la più piccola non è stata coinvolta durante la malattia del padre, sente di non essere riuscita a salutarlo e non è stata portata al funerale. Dice che, così facendo, la madre pensava di proteggerla da un dolore, forse troppo grande per una bimba. Quindi quel dolore Gloria lo ha tenuto dentro, non ha potuto condividerlo ed è diventata grande, moglie e madre. In terapia sistemica si parla di trasmissione transgenerazionale del sintomo, del dolore di un lutto non elaborato, nel caso di Gloria. Una bambina così sensibile come Agnese, legata alla madre, ne ha visto il dolore negli occhi e ne ha dato voce attraverso la sua paura: il sintomo della figlia è espressione di una ferita antica della sua mamma. Invito i genitori, finito il nostro colloquio, a parlare con Agnese, a raccontarle del nostro incontro dicendole che ora la madre si prenderà cura del suo dolore, che lei è stata brava a coglierlo, ma che ora la madre si farà aiutare, lei può tornare a giocare spensierata. Gloria e io continuiamo un percorso assieme; quando torna al secondo appuntamento mi comunica che la figlia sta meglio e noi cominciamo il nostro viaggio, torniamo indietro, a lei bambina, a quel padre che si è ammalato troppo presto. Gloria deve poter rivivere quei momenti che, per un’eccessiva, ma comprensibile preoccupazione, le sono stati negati. Utilizziamo insieme l’oggetto metaforico e la tecnica della sedia vuota per parlare e salutare quel papà che non c’è più. Un giorno viene la piccola Agnese a conoscere attraverso il racconto della mamma e le carte dixit, il nonno che non ha potuto incontrare. Un lutto va sempre condiviso in famiglia, e ciò che le è stato negato allora, noi lo ricreiamo ora. Viene in seduta anche la sorella maggiore che racconta a Gloria qualcosa di più del padre che lei ha conosciuto per più tempo. Dopo averlo riconosciuto e salutato arriva il momento di lasciarlo andare. Creiamo insieme il funerale del papà, sono presenti Gloria, la sorella e la madre, ormai ultraottantenne, fragile nel camminare ma ancora molto lucida e disponibile emotivamente ad accompagnare la figlia in questo delicato momento che da piccola le è stato negato.

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Come terapeuta familiare mi capita spesso di aiutare persone con storie di lutti non elaborati che rischiano, come in questo caso, di essere tramandati attraverso le generazioni. Se vuoi essere aiutato nell’elabaorazione di un lutto possiamo iniziare un percorso insieme. Ricevo a: