La fecondazione eterologa: perchè narrare le origini?

La fecondazione eterologa è strettamente connessa con il tema delle origini, rispetto alla nascita del bambino. La clinica familiare pone la questione come fondante rispetto alla costruzione dell’identità individuale. Cigoli sostiene che “qualsiasi mistero riguardante l’origine si trasforma in una macchia scura nella propria identità“. Diverse ricerche hanno constatato quanto sia importante, per il benessere psicologico dei bambini, essere a conoscenza della propria storia già in tenera età; quanto prima il tema viene affrontato, meno danni psicologici possono subentrare. L’accesso alle informazioni sulle proprie origini è un bisogno psichico primario per la costruzione della propria identità, prima ancora che un diritto legittimo della persona rispetto alla conoscenza della propria storia. Sempre Cigoli sostiene che il vuoto delle origoni si traduce in lacune gravi dell’identità personale, perchè è resa impossibile la rappresentazione e, con essa, la narrazione  (Riccio, 2021, 121, 122).

Rispetto ai segreti di famiglia, i bambini sono attenti osservatori e percepiscono la presenza di ciò che è nascosto, di ciò di cui non si può parlare, di ciò che viene percepito come incerto. Quello che bisogna tenere presente è che, non è il dolore che non fa crescere, ma l’incertezza. Per questo bisogna dare un nome alle cose, imparare a conoscerle, anche se sono spiacevoli. Se i genitori tacciono rispetto ad alcuni passaggi importanti o critici della storia familiare, i bambini rischiano di perdere la fiducia in loro. Altra cosa importante è che i segreti difficilmente rimangono tali per sempre e, una volta venuti a galla, possono far nascere un sentimento di tradimento dei bambini nei confronti dei genitori, minando ancor più la fiducia (Riccio, 2021, 122).

Le paure dei genitori

Quello che diverse ricerche mettono in evidenza è che i genitori sono restii a narrare la verità rispetto le origini perchè (Riccio, 2021, 124):

  • desiderano proteggere i propri figli
  • pensano che il discorso del concepimento sia un tema privato della coppia
  • hanno difficoltà a trovare le parole e il momento giusto per dirlo
  • si riapre la ferita, non elaborata, rispetto all’infertilità

Seppur queste motivazioni siano comprensibili, va tenuto presente che rendono inaccessibile l’accesso del figlio alla propria storia. Le famiglie che narrano le origini, invece, svilupperanno un’atmosfera familiare aperta, fiducia nelle relazioni familiari e sono più stimolate  a cercare il confronto con altre famiglie nella stessa condizione.

La fecondazione eterologa: come narrare le origini?

La prima cosa da sottolineare è che il momento migliore per iniziare ad affrontare il tema è in età prescolare. Non è un discorso che si esaurisce in una volta sola, perchè la narrazione ha una natura processuale che dura nel tempo. L’obiettivo è quello di riuscire a trattare la tematica all’interno della famiglia con normalità, in una narrazione non ambigua o contradditoria, ma in modo spontaneo e naturale, dove il bambino si senta libero di porre domande. I genitori e il bambino insieme co-costruiscono una narrazione che diventa parte integrante della storia di quella famiglia. Se, nel corso del tempo, durante l’adolescenza, un ragazzo manifestasse curiosità nei confronti della figura del donatore, è importante accoglierla e non patologizzarla. Rispetto alla modalità di narrazione, in linea generale, si possono fare le seguenti considerazioni (Riccio, 2021, 129).:

  • fino ai 3 anni, i bambini hanno l’idea di essere sempre esistiti e imparano, piano piano, che crescono nel corpo della madre, quindi in questa età non interessa chi o come li ha messi al mondo, ma può essere utile cominciare a parlare di come è nato il desiderio di avere un bambino.
  • dai 4 agli 8 anni, i bambini cominciano a capire che non sono sempre esistiti, ma che per procreare servono un uomo e una donna. In questa fase possono essere introdotte la figura del medico e del donatore, attraverso il concetto di bisogno di aiuto per mettere al mondo un figlio.
  • verso i 10 anni si può iniziare a parlare del legame tra aspetto fisiologico e tecnologico nel concepimento. Forte e Faustini parlano di “rendere familiare il messaggio che a volte la scienza e l’amore hanno bisogno di lavorare insieme per creare un bambino“.
  • verso i 12 anni i bambini cominciano ad avere bisogno di spiegazioni più accurate e si può introdurre il tema che si può essere genitori anche senza avere un legame genetico con il figlio.
  • durante l’adolescenza la spiegazione può essere arricchita con aspetti morali e sociali che riguardano la riproduzione. A questa età un ragazzo deve avere ben chiare le sue origini per affacciarsi nel delicato periodo adolescenziale dove costruirà la sua identità sulla base della sua storia (Riccio, 2021, 130).

In ogni caso, ogni storia verrà costruita a partire da stimoli dei genitori e si svilupperà nella relazione con il figlio. Non esiste, quindi, una modalità unica per tutti nell’affrontare la tematica. ogni storia, però, deve organizzare gli eventi in maniera coerente, integrando pensieri ed emozioni; solo così il bambino, il ragazzo e, poi, la persona adulta, potranno avere un senso di controllo sulla propria vita ed intervenire sull’idea di sè e della realtà.

Tratto da Le diversità di origine, M. Riccio

Se, come coppia genitoriale, avete intrapreso il percorso di fecondazione eterologa e volete essere supportati nel gestire il tema con il vostro bambino un percorso di supporto può essere utile. Ricevo a: